Salve a tutti, Sono un lavoratore precario dal 2003 presso l’aeroporto di Catania come O.U.A. (operatore unico aeroportuale) vale a dire addetto al carico e scarico dei bagagli, ebbene, dopo 6 anni di sacrifici, prevaricazioni, false promesse, e migliaia d’ore di straordinario il 31 Marzo la SAC ente gestore dell’aeroporto di Catania ha lasciato me ed altre 40 persone senza un lavoro. Tutto questo grazie al decreto dei 36 mesi che in sintesi dicono che superati i 36 mesi di lavoro a tempo determinato l’azienda è tenuta ad assumerti a tempo indeterminato, e come se non bastasse lo Stato delibera pure una proroga di 15 mesi per l’attuazione della legge che guarda caso finisce proprio il 31 Marzo 2009 data del mio licenziamento. Tutto ciò naturalmente lo scoperto dopo, perché l’azienda e soprattutto i sindacati ci hanno tenuto all’oscuro di tutto fino all’ultimo giorno, tutto questo mi ha spronato a conoscere il mondo dei precari e delle sue leggi e sopratutto voglio portare la conoscenza di questo problema a tutti quei precari che all’inizio come me non sapevano niente dei propri diritti, per questo ho creato un blog al fine di informare più gente possibile. Spero che voi mi darete una mano a fornire questo blog di tutte le vostre esperienze di lavoratori a tempo determinato tramite il forum in modo da dare a tutti noi i mezzi per poterci difendere da questo Mondo di precari.
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Diritto di precedenza per i lavoratori assunti a termine nella stessa azienda
La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 44 del 4 marzo 2008, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10, commi 9 e 10, e dell'articolo 11, commi 1 e 2, decreto legislativo numero 368/2001, nella parte in cui subordinano il diritto di precedenza nella assunzione presso la stessa azienda con la medesima qualifica dei lavoratori assunti a termine per lo svolgimento di attività stagionali a due condizioni non presenti nell'originario disposto dell'articolo 23, comma 2, legge numero 56/1987: la previsione del diritto da parte della contratto collettivo nazionale applicabile, e il mancato decorso di un anno dalla cessazione del precedente rapporto.
La questione specifica era stata posta, per la seconda volta, dal Tribunale di Rossano, il 16 gennaio 2007, sotto un duplice profilo: eccependo, da un lato, la violazione dell'articolo 77, comma 1, Cost, in quanto non menzionando la direttiva comunitaria 1999/70/Ce la necessità di vietare il diritto di precedenza nelle assunzioni, la soppressione di tale diritto era frutto di una scelta del legislatore delegato, compiuta al di fuori della delega; e, dall'altro, la violazione dell'articolo 76 Costituzione, e per l'effetto l'eccesso di delega, tenuto conto della mancata osservanza della clausola di non regresso contenuta nell'accordo quadro (sul contratto a tempo determinato concluso dall'Unice, Ceep e Ces) allegato alla citata direttiva comunitaria, giusta la quale "l'applicazione del presente accordo non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dall'accordo stesso" (clausola 8.3).
MOTIVAZIONI Nel merito, la questione è stata dichiarata fondata sulla base delle seguenti affermazioni.
In particolar modo, "la Corte ritiene che l'abrogazione – ad opera delle norme censurate – dell'articolo 23, comma 2, della legge numero 56 del 1987 non rientri né nell'area di operatività della direttiva comunitaria, definita dalla Corte di giustizia con la sentenza 22 novembre 2005, nella causa C-144/04 Mangold, né nel perimetro tracciato dal legislatore delegante. Con riferimento al primo ambito, detta sentenza ha sottolineato (punti da 40 a 43) che la clausola 5 della direttiva 1999/70/Ce è circoscritta alla "prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato". Tale clausola pertanto non opera laddove, come nella specie, vi sia una successione di contratti a termine alla quale non si riferisce alcuna delle misure previste dalla direttiva medesima al fine di prevenire quegli abusi (giustificazione del rinnovo; durata massima totale dei contratti; numero massimo di contratti).
In altri termini, la disciplina dettata dalle norme censurate, concernente i lavori stagionali, non mira tanto a prevenire l'abusiva reiterazione di più contratti di lavoro a tempo determinato, per favorire la stabilizzazione del rapporto, ma è volta unicamente a tutelare i lavoratori stagionali, regolando l'esercizio del diritto di precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda e con la medesima qualifica.
La disciplina censurata si colloca, quindi, al di fuori della direttiva comunitaria.
Essa resta anche al di fuori della delega conferita dalla legge 29 dicembre 2000, numero 422 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2000), complessivamente considerata.
L'articolo 1, comma 1, di tale legge ha delegato, infatti, il Governo ad emanare "i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati a e b." e, per quanto concerne la direttiva 1999/70/Ce relativa al caso in esame non ha dettato – a differenza di altre ipotesi – specifici criteri o principi capaci di ampliare lo spazio di intervento del legislatore delegato".
In tal modo è stato ritenuto riassorbito il secondo tema, sollevato dal Tribunale di Rossano, incentrato sul dubbio se il legislatore italiano, oltre ad avere disciplinato una materia al di fuori della delega, avesse altresì violato la medesima per avere contravvenuto alla clausola comunitaria di non regresso.
DECLARATORIA
A questa dichiarazione di incostituzionalità della norma abrogante segue la reviviscenza della norma abrogata: il che vale sino alla entrata in vigore della l. numero 247 del 2007, che con l'articolo 1, comma 40, ha regolato ex novo il diritto di precedenza per il lavoratori a termini, stagionali e non, innestando nell'articolo 5, decreto legislativo numero 368/2001 i comma 4 quater, quinquies, e sexies.
Specificatamente, la legge numero 247/2007, nell'abrogare i comma 9 e 10, oltre al comma 8, dell'articolo 10, decreto legislativo numero 368/2001, reintroduce – per legge – il diritto di precedenza, da esercitare entro un anno dalla cessazione del diritto, a) per qualunque azienda, in ipotesi di nuove assunzioni a tempo indeterminato, entro dodici mesi, ogniqualvolta il lavoratore abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi nelle mansioni già espletate nell'esecuzione dei rapporti a termine, purché manifesti la propria volontà entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto; b) per lo svolgimento di attività di attività stagionali e, precisamente, in caso di nuove assunzioni a tempo determinato per lo svolgimento delle medesime attività stagionali, ferma restando la manifestazione di volontà da parte del lavoratore interessato entro tre mesi dalla cessazione del rapporto.
Sotto altro profilo, la censura della Corte costituzionale sembra invece destinata a produrre un moto devastante su tutto l'impianto della normativa in materia di contratto a termine introdotta dal legislatore delegato del 2001.
Vale a dire, è ragionevole presumere che l'affermata limitazione della legge delegante numero 422/2000 ai soli abusi da successione possa travolgere quanto prima, per mancanza di delega, molte altre disposizioni del decreto legislativo numero 368/2001. In tale ordine di idee sembra porsi la questione di legittimità costituzionale sollevata con ordinanza del 25 febbraio 2008 dal Tribunale di Roma, involgendo la stessa la regolamentazione del contratto a termine e le relative causali giustificatrici.
NORMA CENSURATA
La norma censurata è l'articolo 2, comma 1-bis, decreto legislativo numero 368/2001, come introdotto dall'articolo 1, comma 558, l. numero 266/2005 (cosiddetta finanziaria 2006), che estende la disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo ed i servizi aeroportuali (originariamente contenuta nell'articolo 1, comma 2, lettera f, l. numero 230/1960) alle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, consentendo di effettuare assunzioni a termine per un periodo massimo complessivo di sei mesi, tra aprile e ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti, purché in percentuale non superiore al quindici percento dell'organico aziendale, risultante al 1° gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono.
In particolare, il giudice rimettente, ritenendo che la disposizione abbia introdotto un'ipotesi speciale e tipizzata di legittima apposizione del termine per le aziende concessionarie del servizio postale, rappresentando una evidente scelta politica di sostegno a favore di Poste italiane S.p.A., rileva come la stessa, ove interpretata in combinato disposto dell'articolo 1, decreto legislativo numero 368 del 2001, sia foriera di una disparità di trattamento a scapito dei lavoratori del settore postale, non soggetti necessariamente alla disciplina, anche sanzionatoria, di carattere generale.
Per questi infatti, se, da un lato, è ammessa l'attivazione di contratti a tempo determinato per dieci mesi su dodici nell'anno solare, senza obbligo di indicazione scritta del termine di durata e della casuale, né di consegna di copia del contratto al dipendente, dall'altro, risulta inapplicabile l'articolo 5, comma 3, decreto legislativo numero 368/2001, che, nel considerare a tempo indeterminato il secondo contratto intervenuto entro i dieci/venti giorni dalla scadenza del precedente, richiama i contratti stipulati ex articolo 1, e non ex articolo 2, con conseguente possibilità per i dipendenti del settore postale del succedersi di un numero indefinito di assunzioni, ancorché entro limiti temporali prefissati, e fatta salva l'operatività della sanzione della conversione nella ipotesi di contratti successivi intervenuti senza soluzione di continuità l'uno dall'altro (articolo 5, comma 4, decreto legislativo numero 368 del 2001).
DIVERSIFICAZIONI
Una diversificazione di disciplina in alcun modo rispondente a criteri di razionalità o ragionevolezza, non essendo la causalità dell'apposizione del termine giustificata né da particolari esigenze legate alla stagionalità o peculiarità del settore, per il quale, diversamente da quello aereo e aeroportuale, non sembrano sussistere le stesse necessità di maggiore utilizzo del personale; né dalla eccezionalità delle circostanze storiche, in passato legittimante la sanatoria del contenzioso sorto in concomitanza alla trasformazione dell'Ente poste in società per azioni (articolo 9, co, 1, decreto legge numero 501 del 1996), non potendo i problemi economici della società Poste italiane assurgere a interessi generali preminenti sui diritti dei lavoratori.
Da cui la violazione dell'articolo 3, comma 1, Costituzione, ove importa che situazioni eguali debbano essere oggetto di uguale disciplina normativa, nonché ancora degli articoli 101, 102 e 104 Costituzione, incidendo l'acausalità provocata nel settore postale sul potere giudiziale di verifica delle causali giustificatrici dell'apposizione del termine, con conseguente pregiudizio del principio dell'indipendente esercizio della funzione giurisdizionale da parte del giudice ordinario, a tutti gli effetti privato del potere di valutare in via autonoma i fatti rilevanti ai fini della qualificazione del rapporto.
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